«Non ha più senso parlare di riservatezza online, le norme sociali sono cambiate»

Zuckerberg ha detto "The age of privacy is over".
E non ha tutti i torti, lui, da attento osservatore della società.
Come dargli torto.
Facebook ha avuto dei problemi con l'anti trust statunitense, il governo federale di Washington, la Commissione dell' Unione Europea, la Germania (contro il riconoscimento facciale), la Francia (per il diritto all'oblio), ed ha anche ammesso di aver "fatto degli errori", e violato la riservatezza.
Facebook ha dunque in un'occasione promesso il massimo rispetto per la privacy. ...Anche se è noto che continui a seguire la filosofia completamente opposta.
Ma a quanti utenti interessa davvero?!

«Ormai gli utenti condividono senza problemi le informazioni personali online. Le norme sociali cambiano nel tempo. E così è anche per la privacy».Blog e social network rendono a tutti gli effetti anacronistiche le posizioni di chi vuole a tutti i costi difendere il diritto alla privacy : «Quando ho iniziato a pensare a Facebook nella mia cameretta di Harvard, in tanti si chiedevano: 'Perché mai dovrei mettere informazioni online? Perché dovrei avere un sito personale?' Poi è iniziata l'esplosione dei blog e di tutti gli altri servizi che permettono di condividere informazioni online. Le abitudini sociali evolvono nel tempo».

Ma io sottolineerei che DIPENDE DAL MODO IN CUI QUESTI STRUMENTI SI USANO.
Se la maggior parte ne usufruisce per creare la vetrina della propria normalissima e banalissima vita allora Zuckerberg ha proprio ragione!
Ma non è questa comunque una ragione valida per dire che se un fenomeno diventa la norma, allora questo fenomeno sia positivo. Al contrario, andrebbe analizzato alle sue origini, contestualizzato appunto a questa fase storica ed antropologica che ci ha portati allo stato in cui siamo ed aiutarci a riflettere su noi stessi e su dove stiamo andando a parare.
A parer mio, verso la desolazione dei valori, verso un vuoto burrone, verso un senso di comunione e di appartenenza che è in realtà solo fittizio; verso un'apparenza estrema e verso un desiderio penoso di ritagliarsi un personalissimo spazio di vana gloria e dichiarare ed imporre la propria presenza.
Il tutto in maniera non so fino a che punto CONSAPEVOLE.

Secondo il fondatore, questa evoluzione di Facebook non fa altro che rispecchiare un cambiamento avvenuto a livello sociale: "la privacy non è più avvertita come un valore da parte degli utenti".
Beeeene!!!! Ottimo così!!!! Affondiamoci le mani allora! Evviva i valori positivi!
Il suo è appunto un atteggiamento accondiscendente, se non fomentatore!!
Della serie: sfruttiamo questa predisposizione sociale, ed anzi, sviluppiamola!

"Privacy e copyright sono i due grandi animali morenti" della rivoluzione digitale, dichiara giustamente Mafe De Baggis.

Oltretutto utilizzando Facebook si acconsente (anche se praticamente nessuno lo sa) a lasciare una traccia pressochè indelebile della propria esistenza sul web.
Social network ed altri servizi web, dovrebbero eliminare i dati custoditi sui propri server dopo un certo periodo di tempo. Un modo per tutelare quel «diritto all'oblio» che in rete è sempre più a rischio.
C'è un provvedimento francese che propone l'introduzione di scadenze per i dati online su FB.

Questo è solo l'inizio (per quanto sia un processo cominciato da tempo quello della dittatura mediatica, del controllo globale) ma la cecità mentale accelera il tutto.

Porco il demonio, le norme sociali sono cambiate sì, ma il diritto alla riservatezza è sacrosanto!!
...Ma a questo punto, solo secondo pochi FOLLI.



Fonti: 
http://internet.liquida.it/focus
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie

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